Un funzionario di polizia, incaricato di far luce sull’assassinio del gestore di un locale notturno, incontra, in quell’ambiente equivoco, una ragazza tedesca dedita alla droga, che gli mostra subito simpatia. Il poliziotto, benché molto più anziano di lei, se ne innamora. I suoi superiori gli impongono di troncare la relazione. Ma lui continua a star vicino alla ragazza anche perché è convinto che potrà aiutarlo a risalire all’assassino. Così infatti avviene. Terminate le indagini, l’uomo darà le dimissioni e aiuterà la fanciulla a liberarsi dal vizio della droga.
San Francisco, 1942. Raven, killer solitario e nevrotico, sopprime un uomo e la sua segretaria per impadronirsi di carte compromettenti, che consegna a Will Gates. Questi, manager di un’industria chimica e impresario a tempo perso, lo paga con biglietti che risultano rubati. Appena Raven tenta di spenderli, si scopre ricercato e decide di seguire Gates per farla pagare a lui e al suo mandante. Nel frattempo la cantante e illusionista Ellen Graham, fidanzata del tenente di polizia Crane, viene assunta da Gates per un locale di Los Angeles. Subito dopo Ellen viene incaricata da un senatore di indagare su Gates, sospettato di spionaggio a favore dei giapponesi. Il caso vuole che Ellen salga sullo stesso treno preso da Gates e che Raven si sieda accanto a lei. Vedendoli insieme, Gates li crede complici e avvisa la polizia, ma Raven, con la collaborazione forzata di Ellen, riesce a fuggire. Accettando un invito di Gates, Ellen cade in trappola ed è proprio l’intervento di Raven a salvarla. Raven cerca di raggiungere Gates, ma incontra Crane e fugge con Ellen come ostaggio. Inseguiti in una fabbrica deserta e in uno scalo ferroviario, i due giungono a un patto: lei lo aiuterà a mettersi in salvo se lui costringerà Gates e l’industriale Brewster a confessare la fornitura di armi chimiche al nemico. Introducendosi nella sede della compagnia durante una prova con le maschere antigas, Raven arriva fino all’ufficio del presidente e riesce a strappargli una confessione, prima di uccidere lui e Gates e restare ferito mortalmente in un successivo scontro a fuoco con la polizia. La sceneggiatura, cui collabora lo scrittore W. R. Burnett, parte da Una pistola in vendita dell’inglese Graham Greene, autore guardato sempre con molto interesse dal cinema, da Carol Reed a J. L. Manckievicz. L’epoca in cui il film è girato impone tuttavia alcune modifiche. La guerra, che nel romanzo era solo una minaccia, è in quel momento una realtà. Il senso patriottico degli spettatori viene dunque mobilitato dal fatto che una cantante accetti di diventare agente segreta e che anche un criminale come Raven si sacrifichi per il suo paese. Per la prima volta Veronica Lake estrinseca il suo fascino al fianco di Alan Ladd, al quale viene affidato un personaggio complesso e interessante. Questo Raven con il polso spezzato, dal volto innocente e dallo sguardo gelido, uccide per liberarsi dei traumi della sua infanzia e si fa uccidere per riscattarsi. Anni dopo James Cagney dirigerà Scorciatoia per l’inferno, un buon remake in chiave “gangster”, scegliendo però interpreti molto meno incisivi.
Regolamento di conti all’interno di una banda di criminali italoamericani che agisce a Milano, imperniato su Ugo Piazza (Moschin) che, fatti tre anni di carcere, è sospettato dai suoi compari di avere intascato 300000 dollari. Dal romanzo postumo Stazione Centrale ammazzare subito di Giorgio Scerbanenco (1911-69), sceneggiato da Di Leo, è un film d’azione violenta con risvolti di critica e denuncia sociale e almeno una battuta fatidica (“Se si va avanti così, vedrai che dovranno creare l’antimafia anche a Milano”). Bella compagnia di attori tra cui spiccano Moschin e Wolff.
Una ragazza, per vendicare un’amica, accetta di collaborare con la polizia per scoprire un sadico assassino di donne. Nel corso delle indagini s’innamora di un proprietario di night club, ma si spaventa quando crede di aver scoperto delle prove contro di lui. Tutto finirà bene.
Harold Francis Callaghan è un personaggio immaginario creato dal soggettista e sceneggiatore Harry Julian Fink, soprannominato “Dirty Harry” (reso, nel doppiaggio italiano come “Harry la carogna”), protagonista della saga cinematografica poliziesca omonima. Ispettore della polizia di San Francisco, il suo ruolo è sempre stato interpretato dall’attore statunitense Clint Eastwood.
Il nome originale è senza la “G” nel cognome, che è stata aggiunta per permettere al pubblico italiano una pronuncia più simile a quella anglofona, in quanto nella lingua italiana la lettera “H” tra due “A” non ha valore fonologico.Il soprannome “Dirty Harry”, nel film Ispettore Callaghan: il caso “Scorpio” è tuo!!, viene tradotto con “Harry la carogna”.La storica frase «Coraggio… fatti ammazzare» , che in Italia è stata usata come titolo del film Sudden Impact, traduzione nel doppiaggio italiano della battuta «Go ahead, make my day» (trad. letterale: “Fatti avanti, dà un senso alla mia giornata”), è al sesto posto assoluto nella classifica dell’AFI relativa.
L’ispettore Callaghan è protagonista di cinque film nell’arco di 17 anni.
Sceriffo dell’Arizona è inviato a New York per ottenere l’estradizione di un assassino. Lo preleva, se lo fa portar via dai suoi complici, è esonerato dal servizio, lo riacchiappa. 1° film del sodalizio Siegel-Eastwood, è il tentativo di mescolare il western col poliziesco o, meglio, di verificare l’etica del primo nel contesto metropolitano del secondo. Su una sceneggiatura riscritta 8 volte e destinata ad altro regista, Siegel fa un film violento e teso che manca di un preciso punto di vista sul protagonista. Eroe o antieroe?
Tratto da The Killers , uno dei 39 racconti di Ernest Hemingway già filmato con I gangster (1946) di Robert Siodmak, fu prodotto dalla Universal per la TV ma non fu trasmesso perché troppo violento. Distribuito nelle sale dopo l’assassinio di J.F. Kennedy ebbe poco successo e soltanto in seguito divenne un film di culto. Il racconto è un lungo flashback che ricostruisce gli avvenimenti precedenti all’omicidio iniziale su commissione: perché Johnny North si è lasciato uccidere senza reagire? Intenso, compatto, asciutto, è un film in cui il pessimista D. Siegel ribadisce la sua concezione del mondo come inganno e tradimento. Ultimo film di R. Reagan e l’unico in cui ha una parte di “cattivo”.
Il detectivePhilip Marlowe indaga sulla scomparsa della donna di un energumeno e l’assassinio di un uomo, vittima di un ricatto. Le piste si incroceranno, e la soluzione, per Marlowe, sarà particolarmente amara.
Nell’estate del 1999 un detective della polizia indaga su uno strano caso di omicidio: brandelli della vittima vengono ritrovati contemporaneamente in diverse cave di carbone. Nel corso delle indagini però un confronto a fuoco uccide i suoi colleghi e lo lascia ferito e traumatizzato. Cinque anni dopo, in inverno, la situazione è molto peggiore per lui e per il mondo in cui vive. Lo ritroviamo ubriaco al margine della strada, non è più poliziotto ma lavora come guardia privata, e lo sconosciuto che si ferma per vedere se è ancora vivo in realtà lo fa per rubargli la moto. Il ripresentarsi di omicidi simili a quelli del 1999 lo spinge tuttavia a ricominciare le indagini in privato.
Al confine tra USA e Messico, Kate, agente dell’FBI esperta in rapimenti, è inserita in una task force speciale in missione contro i narcotrafficanti, al comando di Matt, un carismatico agente di machiavellico pragmatismo e cinico mercenario, affiancato da un enigmatico e ambiguo ex magistrato riciclato in giustiziere. Thriller d’azione, film di genere ma d’autore, con un percorso narrativo di situazioni sempre più violente che precipitano Kate in un vortice di intrighi, corruzione e degrado morale, nel quale non si fida più di nessuno, è spinta a varcare i limiti imposti dalle regole e dalla legge (ma anche dalla sua etica personale) e dal quale non sa come uscire. Splendido tema musicale di Jóhann Jóhannsson a scandire i momenti di maggiore tensione, minaccioso, lugubre, funereo, ansiogeno. Bel trio di protagonisti, funzionali.
Thomas Sullivan Magnum IV, più semplicemente Magnum, è un ufficiale di Marina decorato nella guerra del Vietnam dove combatté prima con i Navy SEAL e poi con il servizio segreto della marina, cosa che gli sarà utile in molte delle sue indagini (vedi i rapporti con il suo grande amico Mac Reynolds), congedandosi dopo una decina d’anni di servizio. Continua a leggere →
Il capo della squadra mobile romana viene ucciso proprio mentre sta per incastrare una grossa cosca mafiosa. Il questore affida l’incarico di continuare le indagini a un collaboratore della vittima, ma gli astuti delinquenti riescono a insinuare nelle menti degli investigatori il sospetto che la mafia abbia corrotto tutti i poliziotti. Alla fine questore e commissario decideranno di arrestare i mandanti facendo il loro dovere.
Un commissario siciliano vuole a tutti i costi metter le mani su un noto mafioso che in passato ha ucciso un suo amico sindacalista. Ma lo zelo del funzionario trova ostacolo nell’atteggiamento di un giovane e sospettoso magistrato. Un giorno, esasperato, il poliziotto uccide il mafioso. Viene arrestato, portato al penitenziario dove è ucciso da due sicari: il procuratore lo vendicherà.
Nel 1952 a Los Angeles regnano corruzione, scandali, inganno, ambizioni sfrenate e già la droga. I personaggi principali sono 3 agenti della Squadra Omicidi, ambigui difensori della legge. Tratto dal romanzo (1990) di James Ellroy, sceneggiato dal regista con Brian Helgeland, è uno di quei polizieschi che esimono dal dovere di raccontare la trama, tanto è densa di personaggi e complicata nello sviluppo dei fatti, esposti in sequenza cronologica con un ritmo che non lascia un attimo di tregua, come ha insegnato Hawks. Hanson, regista di mestiere, ha dato il meglio di sé, specialmente nella scelta e nella direzione degli attori, ma anche l’ambientazione è talmente accurata che, se non fosse per il colore, sembrerebbe un nero d’epoca. Accolto con unanime favore dalla critica USA, è un riuscito poliziesco di prim’ordine. Efficace fotografia di Dante Spinotti. Due Oscar: attrice non protagonista (Basinger) e sceneggiatura non originale.
1986. Il detective Seo è inviato da Seul in una piccola città tra le campagne coreane per indagare sugli omicidi di un serial killer, ma si scontra con l’ottusità e la superficialità dei poliziotti locali. Tratto dal romanzo di Kim Kwang-rim, si basa su una storia vera avvenuta alla fine degli anni ’80 in Corea del Sud. È un periodo difficile, gli interrogatori risentono ancora del periodo della dittatura, quando estorcere le confessioni era all’ordine del giorno. L’urgenza di trovare un colpevole a tutti i costi annebbia il giudizio dei poliziotti. Ma c’è aria di cambiamento e alcune scene lo indicano chiaramente, come quella in cui i bambini non ubbidiscono all’ordine del coprifuoco urlato dai soldati per le strade: piccoli indizi della democrazia a venire. Un buon thriller, giocato sui campi lunghi di grande respiro. Vincitore, tra gli altri, anche di 3 premi al Torino Film Festival.
Si comincia con una scena straconosciuta: il serial killer che lascia un messaggio di sangue al poliziotto, che sarebbe Terry Mc Caleb (Eastwood) che individua fra la gente un tipo fin troppo sospetto, lo insegue fino ad essere colpito da infarto. Due anni dopo troviamo Terry che si sta faticosamente riprendendo da un trapianto di cuore. Un giorno lo abborda certa Graciela Torres, sorella di Gloria la giovane che gli ha donato il cuore. La messicana vorrebbe che Terry, vivo per la morte, violenta, della sorella, trovasse il suo assassino. L’ex detective lo sente come un “debito di sangue”, appunto, e si mette al lavoro. Dopo varie false piste Mc Caleb intuisce che il killer voleva salvarlo dall’infarto, procurargli un cuore nuovo per poter continuare a “giocare” con lui, a sfidarlo. E’ questione di gruppo sanguigno. Il killer è davvero vicino. Sin troppo: basta andare per eliminazione: non rimane che lui. E’ il limite della storia che però funziona lo stesso. Apprezzata l’assenza (quasi) totale del computer. Il detective va di persona dagli indiziati, non li scova sul display. Clint è il solito amico che torna, e sai cosa aspettarti. A 72 anni ancora non rinuncia a una, non ingombrante, partecipazione amorosa e al vezzo di mostrarsi (semi) nudo. Ma teniamocelo stretto.
Uno psicanalista muore e la polizia crede che si sia suicidato, ma uno dei suoi pazienti, riconoscente perché il medico l’aveva salvato dalla follia, non ne è convinto: con l’aiuto della figlia dello scomparso, indaga tra gli altri clienti del medico e individua l’assassino.
Le strade di San Francisco (The Streets of San Francisco) è una serie televisivastatunitense di genere poliziesco, trasmessa dalla ABC per 5 stagioni dal 1972 al 1977.Popolare anche fuori dagli Stati Uniti (in Italia andò in onda dal febbraio 1980), la serie, come suggerito dal titolo, è interamente ambientata nella caratteristica città di San Francisco, in California, dove avvengono spettacolari e lunghi inseguimenti in auto, ma è anche una serie “attenta alle problematiche sociali”[1]. Coprotagonisti sono Karl Malden nei panni del tenente Mike Stone e l’attore esordiente (nonché figlio d’arte e futura star di Hollywood) Michael Douglas nel ruolo di Steve Keller. Douglas lasciò la serie nella penultima stagione lasciando il posto a Richard Hatch nella parte di Dan Robbins.
I protagonisti sono una coppia ben assortita di investigatori: il tenente Mike Stone è un anziano poliziotto venuto dalla gavetta, vedovo e con una figlia, Jeannie, che appare saltuariamente; si presenta indossando immancabilmente uno sdrucito trench con in testa un floscio cappello anni 50. Il giovane ispettore Steve Keller è più “intellettuale” e politically correct (infatti, al momento di uscire dalla serie, il personaggio lascia la polizia per dedicarsi all’insegnamento dopo una seria ferita rimediata in servizio).
Le vicende dei due, solitamente concluse nell’ambito di ogni episodio, si svolgono a San Francisco; anche se non mancano inseguimenti e sparatorie, le scene violente risultano contenute, considerato che la serie era rivolta a un pubblico televisivo familiare, mentre viene fatto risaltare lo spessore umano dei due detective: il loro coinvolgimento nelle indagini, soprattutto per il tenente, è frequentemente di natura emotiva.
L’ispettore Coliandro è una serie televisivaitaliana trasmessa dal 2006 da Rai 2, e dal 2017 anche da Rai Play.Diretta dai Manetti Bros.,[1] la serie vede protagonista l’ispettoreColiandro, interpretato da Giampaolo Morelli. Ideatore della serie è invece lo scrittore Carlo Lucarelli: Coliandro — un poliziotto con tratti molto diversi dai tradizionali investigatori della fiction e della narrativa italiana[1] — è una sua creazione tanto che, prima della trasposizione televisiva, il personaggio era stato il protagonista di alcuni suoi romanzigialli nei primi anni 1990.Nonostante sia una serie TV, in pratica ogni episodio de L’ispettore Coliandro è un film TV a sé stante, girato alludendo ogni volta a un diverso genere cinematografico e con molte citazioni verso alcuni modelli ispiratori,[4][5] tra cui le pellicole di genere interpretate negli anni 1970 e 1980 da Tomas Milian nel ruolo dell’ispettore Nico Giraldi, o i classici polizieschi di Clint Eastwood nei panni dell’ispettore Harry Callaghan.
Coliandro è un giovane ispettore, in servizio alla questura di Bologna, che si ritrova sempre invischiato suo malgrado in vicende più grandi di lui. Tuttavia Coliandro non si tira mai indietro, ma la sua sbadataggine e la sua incapacità investigativa finiscono inevitabilmente per cacciarlo nei guai.
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