Una ragazza eredita un castello che ha la fama di essere abitato dagli spettri. La ragazza vuol vederci chiaro e si reca sul posto accompagnata dal fidanzato, goffo e pusillanime, ma reso coraggioso dall’amore. Dopo qualche notte di paura i due risolvono il mistero. Non ci sono fantasmi: è tutta una messinscena di un tale che vuole mettere le mani su un tesoro nascosto nel castello e che non vuole intrusi.
Tratto da un romanzo di Frederick Forsyth, il film narra la storia dello Sciacallo, un killer incaricato di eliminare De Gaulle. Il controspionaggio francese deve trovarlo – compito arduo in quanto nessuno conosce il volto del misterioso individuo – e renderlo inoffensivo.
Una vecchia, simpatica signora inglese prende a pigione un sinistro individuo e i suoi quattro amici che stanno preparando una rapina e che, scoperti, progettano di eliminarla. Due dei più distinti attori inglesi in questa celeberrima e un po’ sopravvalutata commedia Ealing, in bilico tra satira e parodia, attraente nel suo impasto di umorismo nero che stinge nel rosa. Scritta da William Rose. Si dice che il prof. Marcus di A. Guinness fosse modellato sull’aspetto fisico del celebre critico e saggista Kenneth Tynan che allora lavorava alla Ealing come consulente letterario.
Storia di un pianista dalla doppia identità (Edouard Saroyan/Charlie Kohler) che cerca di sfuggire alle sue “catene della colpa” e rimane intrappolato da un destino tragico in cui ha qualche responsabilità a causa della timidezza che diventa dissociazione psichica e della passività rispetto alle due donne amate. Sconvolto dal successo internazionale di pubblico del suo esordio, Truffaut fa un 2° film deliberatamente molto diverso, ispirato all’eccentrico romanzo noir di David Goodis Down There (1956 – poi Shoot the Piano Player – in italiano Non sparate sul pianista e nel 1989 Profondo nero ). Nel film, sostanzialmente fedele al libro (con l’aggiunta di Fido, il fratellino di Charlie), Truffaut pratica – seguendo la lezione di Jean Renoir, e quando non era ancora di moda – la mescolanza dei generi e dei toni con digressioni, spostamenti a sorpresa, sfasamento tra banda visiva e banda sonora, ricorso alla voce over con i pensieri di Charlie, dissolvenze incrociate, espedienti del cinema muto. Ne consegue un intreccio troppo complicato che allontanò il pubblico e spiazzò il più dei critici. Già il romanzo di Goodis non rispettava le regole del genere criminale. Truffaut gli fa fare qualche passo avanti, ma non dimentica mai il suo vero nucleo: l’amore legato alla morte. Mezzo secolo dopo rimane un film “di grande e ambiguo fascino, ironicamente e disperatamente vitalistico… di una malinconia luttuosa rara” (P. Malanga). Scritto, come I 400 colpi , con Marcel Moussy. Fotografia (Dyaliscope): Raoul Coutard. Musica: Georges Delerue.
Una villa isolata nella campagna francese. Una famiglia si riunisce per le vacanze, ma non si tratterà di un’occasione lieta. Il capofamiglia, come si scoprirà in breve tempo, è stato assassinato. L’omicidio puo’essere stato compiuto solo da una delle 8 donne presenti nella casa (compresa la sorella giunta in modo inaspettato). Se le donne rispondono al nome di Catherine Deneuve, Fanny Ardant, Isabelle Huppert, Emmanuelle Beart, Virginie Ledoyen ecc… si può facilmente immaginare quanto il gioco di rivalità (tra i personaggi ma anche tra le personalià attoriali) sia ad alto voltaggio. Anche di comicità perché il testo utilizzato ha un’origine teatrale che dosa con grande abilità commedia, satira e giallo. Ozon, dopo l’intimista e funebre Sotto la sabbia, spiazza tutti divertendosi a tenere a bada 8 caratterini non facili. Ci riesce con apparente nonchalance. Ma non tutto deve essere stato facile come appare. Per i posteri va ricordato il bacio lesbico tra la Deneuve e la Ardant (Buñuel e Truffaut sorridono sornioni dall’aldilà).
Castle Rock, Maine, 1991. Lo sceriffo Alan Pangborn ritrova il giovane Henry Deaver, scomparso da 11 giorni, in piedi sul lago ghiacciato nei boschi presso la cittadina. Ventisette anni dopo Dale Lacy, direttore del penitenziario Shawshank al suo ultimo giorno di servizio prima di andare in pensione, si suicida nello stesso lago. Il suo successore, Theresa Porter, decide di utilizzare un’ala abbandonata dell’edificio per poter ospitare il numero sempre crescente di detenuti. Durante un’ispezione nei sotterranei, la guardia Dennis Zalewski trova un misterioso prigioniero tenuto segregato in una gabbia. Il Ragazzo, appena liberato, pronuncia il nome di Henry Deaver.
La serie è ambientata nella fittizia cittadina montana di Twin Peaks situata nello Stato di Washington, a cinque miglia dal confine tra Stati Uniti e Canada[1]. L’apparente tranquillità di questo piccolo paese degli Stati Uniti d’America viene turbata dal ritrovamento del cadavere di Laura Palmer, figlia unica del noto avvocato Leland, nonché una delle ragazze più popolari della città. Le indagini sono affidate alla locale polizia e anche all’agente speciale Dale Cooper dell’FBI E permettono di far affiorare il lato oscuro e nascosto del luogo e dei suoi abitanti.
Giovane che ha una forte repulsione per i gatti (ailurofobia) si trova coinvolto in una losca storia di eredità e omicidi. Saranno i gatti a salvarlo. Thriller intrigante, scritto da Joseph Stefano, sceneggiatore di Psycho, che cala lo spettatore in una suspense allarmante anche se la logica della storia va a farsi benedire. Terrificante la scena in cui E. Parker, sulla sedia a rotelle barcollante, sta per precipitare dalla collina di San Francisco.
Si raccontano gli antefatti del serial TV Twin Peaks , cioè i sette giorni che precedono la morte di Laura Palmer, schiava della cocaina e di una dissoluta vita sessuale, vittima di un padre potenzialmente incestuoso che a sua volta è posseduto da un demone. Stroncato dai critici a Cannes, il film è alleggerito nella prima parte da graffiate umoristiche e grottesche e procede poi trasformandosi in un incubo sanguinoso. È sicuramente un’opera manierista, ma di alta classe, e di un pessimismo inquietante, avvolto dalla colonna musicale di Angelo Badalamenti di turgido maledettismo e da un sound design (di Lynch) che ne fanno un film sensitivo in cui i rumori hanno la stessa importanza espressiva (espressionistica) delle immagini. La sequenza della discoteca-bordello storpiata dal distributore italiano. “Sembra un pessimo film diretto da un ottimo regista, stanco di perder tempo con un pubblico televisivo!” (D. Malcolm).
Fatti misteriosi accadono in un centro scientifico dove si studiano la genetica e l’ereditarietà. Alle indagini partecipano un giornalista e un enigmista cieco. Quattro morti violente prima di identificare l’assassino. 2° film di Argento. Molti difetti nella struttura narrativa, ma la contrapposizione tra l’occhio abnorme dell’assassino e la cecità dell’investigatore e la lunga sequenza del cimitero sono le testimonianze di un talento onirico-nevrotico.
Libera interpretazione del romanzo-fenomeno di Umberto Eco, venduto in milioni di copie in tutto il mondo. Nel XIV secolo una coppia di francescani (Connery e Slater) risolve l’intricata matassa di una serie di misteriosi delitti avvenuti in una maestosa e solitaria abbazia. Il respiro filosofico e la miriade di citazioni che caratterizzavano il romanzo si smarriscono nella sua trasposizione cinematografica, che peraltro ne conserva l’atmosfera cupa e rarefatta. Film calligrafico e dalla splendida fotografia, eccellente nella caratterizzazione di personaggi e luoghi.
Uno studente in viaggio su un treno trova un cadavere e, nonostante l’assassino elimini i testimoni del suo misfatto, riesce a smascherare lui e i suoi complici.
Basato su una storia vera, vincitore a Cannes nel 1982, Missing è il primo film di Hollywood che racconta del coinvolgimento della Cia nel golpe cileno del 1973. Charles Horman (John Shea) è uno scrittore americano trasferitosi con la moglie Beth (Sissy Spacek) nel Cile democratico di Allende. Quando Pinochet sale al potere, il clima del Paese cambia e niente è più come prima. Una notte Charles viene arrestato dai soldati dell’esercito e da quel momento nessuno avrà più sue notizie. Da New York arriva il padre di Charles, Ed Horman (Jack Lemmon) per aiutare Beth nella ricerca del marito scomparso. Ed, grazie a questa ricerca disperata e frustrante, non solo scopre le atrocità e gli orrori del golpe, ma impara a conoscere attraverso gli occhi di Beth suo figlio che pensava essere molto diverso da lui e del quale non aveva mai approvato lo stile di vita. I fatti sono narrati con un ritmo che cattura l’attenzione dello spettatore e lo rende partecipe dell’angoscia dei protagonisti. Il realismo giornalistico del film è squarciato solo per un breve momento dall’improvvisa apparizione notturna di un cavallo bianco in fuga, trasposizione onirica della disperazione del Paese. Beth e Ed dovranno vedersela non solo con i militari cileni, ma anche con le menzogne degli ambasciatori americani raccontate in perfetto stile CIA . L’occhio del regista Costa Gavras osserva silenzioso, rispettoso sia della storia che della Storia. Il film infatti, oltre che narrare fatti storici, ha una sottotrama, quella del rapporto padre-figlio, della conoscenza attraverso la ricerca e la perdita. Le emozioni, la tensione e lo shock sono sottolineate dalle musiche di Vangelis leggere e delicate in forte contrapposizione con le immagini dei molti cadaveri all’interno dello Stadio nazionale o con la disperazione di Ed e Beth. I tasti del piano camminano ripetitivi come una dolcissima ninna nanna riuscendo a fermare le immagini del film nella nostra mente. Un film da non perdere, lucido, vero, forte.
Pelissier è un commissario sulle tracce di una banda di rapinatori. Per incastrarli circuisce l’amica del capo, una prostituta di origine tedesca. La donna s’innamora e senza volerlo dà modo a Pelissier di prendere in trappola i malviventi. Ma anche il commissario s’è preso la cotta.
Mentre la Francia festeggia la notte di San Silvestro, il notaio Martinaud subisce un pressante interrogatorio: è sospettato di aver violentato e ucciso due bambine. La moglie lo accusa apertamente. La verità verrà a galla. Tre interpreti superlativi.
Da un romanzo di Dominique Roulet. In una cittadina francese una serie di delitti potrebbe essere collegata a un affare immobiliare. Il principale indiziato è un postino (Belvaux). Da Parigi arriva il cinico ispettore di polizia Lavardin (Poiret). È un giallo dove contano i personaggi più dell’intreccio e l’atmosfera della provincia più dei personaggi. La carne di questo “pollo all’agro” è appena discreta, ma Chabrol lo cucina con la consueta perizia. Poiret eccellente: ancora con la regia di Chabrol tornò in L’ispettore Lavardin (1986).
Lavardin va in Bretagna per indagare sull’assassinio di uno scrittore cattolico, trovato morto, e nudo, sulla spiaggia. La sua figliastra quattordicenne gli fornisce la pista giusta. Come in Una morte di troppo (e con lo stesso attore, il bravo Poiret), Chabrol fa passare attraverso lo schema dell’inchiesta poliziesca il suo disprezzo per la borghesia e il gusto per la buona tavola. Intrigante.
Scritto dal regista (caso raro) con Odile Barski, è il 1° film che Depardieu e Chabrol hanno fatto insieme: complesso, inquietante, filosofico, con un Depardieu misurato, intenso, sottovoce, nella parte di Paul Bellamy, commissario di polizia parigino, in vacanza a Nîmes nella casa di famiglia di sua moglie Françoise che lo protegge dal lavoro. Falsamente bonaria, apparentemente serena e piana, la storia procede su due binari: i rapporti che Bellamy ha, da una parte, con uno strano tipo di ex assicuratore adultero che si accusa di aver ucciso un vagabondo, ma non ne è sicuro, e dall’altra col fratellastro che si insedia in casa sua: affarista fallito, ladro, mentitore e invidioso. Mentre il confuso intrigo poliziesco – di cui Bellamy si occupa in forma privata – si sfilaccia, affiorano due temi complementari: il desiderio di cambiare vita e il dubbio tragico che l’indesiderato fratellastro dia una immagine possibile di sé stesso. Dramma esistenziale camuffato da giallo, una felicità coniugale permeata da incubi
Opera prima di Carlo A. Sigon tratta dal romanzo di Sandrone Dazieri. Sandrone, detto il Gorilla, soffre fin da piccolo di sdoppiamento della personalità. È Sandrone (buono, ironico, un po’ arruffato) e al contempo è Socio (razionale, freddo violento). Investigatore senza licenza, Sandrone/Socio si ritrova ad investigare sulla misteriosa morte di un albanese.
La Colorado, dopo Quo Vadis Baby? sembra ormai lanciata sulla strada dei film con “brutti (non tutti), sporchi (spesso) e cattivi (solo un po’)”. Sigon, che ha una grossa esperienza sul piano della pubblicità e dei corti, sa destreggiarsi con abilità nella materia, ben coadiuvato da attori come Bisio, Rocca e Catania. Ha poi l’asso nella manica di un Borgnine divertente e divertito in trasferta italiana per la gioia dei cinefili che ancora ne ricordano le qualità. Resta però una perplessità che non sta tanto nel fatto che ‘non c’è più religione’ (capirete il perché e vedrete però anche che la sceneggiatura cerca subito di riequilibrare) ma nella mancanza di un vero tormento esistenziale che è connaturato al noir e che qui è troppo programmatico per risultare credibile. Le riprese (la notazione è importante per un film che è molto attento ai luoghi) sono state effettuate a Milano, nelle ex cartiere Binda, fabbrica dismessa alla periferia sud della città, e a Cremona dove Dazieri è nato nel 1964.
Operatore di cabina, assiduo lettore di gialli, si addormenta durante la proiezione. Entra nello schermo e, nei panni di Sherlock Holmes Jr., si mescola ai personaggi, risolvendo un complicato caso di furto. È per il cinema quel che Sei personaggi in cerca di autore fu per il teatro e anticipa di 60 anni La rosa purpurea del Cairo . Cinema e sogno coincidono nel più geniale e surrealistico film di B. Keaton, massima espressione del cinema come macchina sognante. “Tutto il film è giocato sui grandi spazi cari al cinema di Keaton e attorno al tema sogno ricorrono il gusto della parodia di un genere (il giallo) e la demistificazione del lieto fine” (R. Vaccino). Eccezionale.
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