Un funzionario russo chiede asilo politico all’America tramite la Francia, e per provare la sua buona fede rivela i nomi di alcuni connazionali infiltrati nelle loro organizzazioni.
Cecil Blount De Mille è un regista che ha firmato opere di grandissima popolarità che, paradossalmente, non sono le sue migliori. Tutti ricordano i suoi “colossi” come Sansone e Dalila, ma personalmente ritengo che De Mille abbia dato il meglio nei western, dove aveva una sua misura particolare e grande riconoscibilità. Basta ricordare La conquista del West, un western del ’36 già perfettamente adulto, tre anni prima di Ombre rosse, e poi La via dei giganti, Giubbe rosse e Gli invincibili, quasi tutti con Gary Cooper. Tuttavia dicendo De Mille si dice Dieci comandamenti, che è un’opera meritevolissima, beninteso, un titolo che non ha mai trovato posto in nessuna delle classifiche nobili, proprio per le sue caratteristiche di troppa spettacolarità, popolarità, artificio. De Mille voleva soltanto piacere al pubblico, dargli ciò che voleva. John Ford riconosceva questa sua capacità, e in un certo senso gliela invidiava. Nei Dieci comandamenti tutto è perfetto: l’aspetto degli attori, i costumi, le armi, la natura, gli edifici, i trucchi, la musica, le inquadrature. È tutto così stilizzato e calligrafico da far invidia al più avanzato dei registi pubblicitari. Ricordiamo che De Mille ha lasciato un retaggio in questo senso: il mar Rosso che si apre, che ha ispirato un noto spot pubblicitario. Mosè, ebreo, viene affidato neonato alle acque del Nilo, in un paniere. Viene raccolto dalla figlia sterile del faraone. Cresce come un principe e si distingue a scapito di Ramesse, figlio del faraone. Quando viene scoperta la sua origine, Mosè non la rinnega, diventa anzi capo del popolo ebraico, ridotto in schiavitù da trecento anni. Porta via il suo popolo dall’Egitto. Sul monte Sinai ottiene da Dio le tavole dei Comandamenti. Vaga quarant’anni nei deserti prima di arrivare alla Terra Promessa. La saga e il racconto sono grandissimi. Si rimprovera al regista una certa prolissità (quasi quattro ore la durata del film), ma ci sono momenti di alto significato, sul piano delle immagini (Mosè che chiede l’aiuto di Dio nella tempesta, l’incisione delle tavole, le scene d’esodo). Ci sono anche tratti di grande forza, quasi da tragedia greca, seppur fortemente Hollywoodiani. De Mille era un fervente cattolico e attribuiva ai suoi film un preciso valore in quel senso. Ci fu chi disse che il regista era stato un paladino della fede più del papa.
David Marcus, avvocato ed ex colonnello degli Stati Uniti, va in Palestina per aiutare i suoi correligionari nelle lotte contro gli arabi che vogliono impedire la costituzione dello Stato di Israele. Il suo apporto sarà determinante, ma pagherà con la vita l’abnegazione verso il suo popolo. Continua a leggere →
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